Michel Odent è un medico speciale. Quando Odent parla di parto naturale e del miracolo della nascita, il pubblico lo ascolta assorto, le sue parole conquistano e arrivano al cuore.
Considerato l’inventore del parto dolce, autore di più di cinquanta studi scientifici e di undici libri pubblicati in ventun lingue, questo medico francese è un fervente sostenitore di una dimensione umana del parto, in cui la donna possa dare alla luce il proprio bambino in modo fisiologico e il neonato possa restare insieme alla madre senza subire interferenze dannose per il suo benessere psico-fisico.
Grazie alla sua partecipazione a seminari e convegni organizzati in tutto il mondo, Michel Odent sta diffondendo una nuova cultura della nascita.
Domenica 14 giugno sarà in Italia: alla Fiera del Bambino Naturale di Chiari, un’opportunità preziosa per incontrare dal vivo una delle massime autorità a livello mondiale quando si parla di gravidanza, nascita e salute di mamma e bambino.
In attesa del suo intervento, vi lascio due brevi spunti di riflessione. Si tratta di due risposte tratte da un’intervista che ho avuto occasione di fare al dottor Odent durante un convegno de La Leche League Italia, nel 2009 (1).
Dottor Odent, oggi in Italia la nascita è qualcosa di piuttosto lontano da un ‘evento naturale’: la gravidanza è spesso vissuta come una malattia con controlli e visite più frequenti del necessario, il parto avviene in un contesto decisamente medicalizzato e la percentuale dei cesarei è in costante aumento.
La medicalizzazione dell’attesa e della nascita non è un fenomeno che interessa solo l’Italia, è un fenomeno mondiale seppure con delle differenze tra le varie nazioni. All’origine di questa situazione c’è la mancata consapevolezza di quella che è la fisiologia del parto e dei bisogni di base della donna che sta per dare alla luce il suo bambino. La donna che partorisce, come tutti i mammiferi, ha infatti bisogno di un ambiente intimo e caldo, di sentirsi sicura e non osservata. In questa situazione il suo corpo secerne gli ormoni – ossitocina, endorfine, prolattina – che l’aiutano a dare alla luce, allattare ed accudire il proprio piccino.
Abbiamo detto che il rispetto della fisiologia è indispensabile per un ‘buon’ parto. E dopo la nascita?
Subito dopo il parto, se la madre ha il suo bimbo fra le braccia e non è distratta da interferenze esterne, secerne una potente e irripetibile scarica di ossitocina che unita alla prolattina che è l’ormone della maternità, alle endorfine (ormoni della gioia) e all’adrenalina (che dà molta energia), forma un cocktail di ormoni dell’amore. Il risultato di questo cocktail sono il bisogno istintivo e il piacere di prendersi cura del bambino. Lo stesso avviene nel neonato che si sente pienamente accolto e rassicurato. Madre e figlio sviluppano così un profondo e reciproco attaccamento che costituisce la base per tutte le successive relazioni sociali nell’infanzia e nella vita adulta.
Le interferenze nel processo della nascita – in particolare l’immediata separazione del bambino dalla madre – avvengono da secoli, in misura diversa, in quasi tutte le culture con vari pretesti religiosi, rituali o pseudo-scientifici. Queste interferenze, considerate in una prospettiva storica e antropologica, avevano probabilmente all’origine la funzione di stimolare l’aggressività necessaria alla lotta per la sopravvivenza (contro la natura ostile e/o i popoli nemici che minacciavano le proprie risorse).
Oggi, però, per assicurare la sopravvivenza della specie e del pianeta, per instaurare sistemi economici, sociali e ambientali sostenibili e non violenti, occorre piuttosto il contrario dell’aggressività, ossia più ‘capacità di amare’ (se stessi, gli altri e la natura).
E questa ora è la domanda essenziale: come si sviluppa la capacità di amare?
Giorgia Cozza
1. Il testo integrale dell’intervista è stato pubblicato sul mensile Dolce Attesa, n. 74, luglio 2009